Il passato incontra il futuro

 

Fabrizio e Laura Bianchi oggi sono il cuore pulsante di Castello di Monsanto. Sono il futuro che custodisce le grandi intuizioni di 60 anni fa. Un percorso fatto di ispirazioni e scelte non sempre facili, ma di strade meno battute e quindi, seppur incerte, più sorprendenti. La Toscana del vino non era ancora pronta ad una rivoluzione. L’audacia, la determinazione e la lungimiranza sono state la chiave per portare avanti idee che potevano allora sembrare inspiegabili, ma che poi hanno fatto gran parte della storia del Chianti Classico. Oggi Laura, figlia di Fabrizio, porta avanti con orgoglio e tenacia ciò che il padre, grazie al nonno Aldo, ha iniziato trasformandolo in una solida tradizione. Perché il futuro passa proprio da qui: da ciò che è stato costruito ieri per un domani migliore.

Una storia senza fine

Essere visionari è un’attitudine. È la predisposizione a vedere qualcosa laddove quel qualcosa ancora non c’è. La capacità di pensare meno e sentire di più. L’abilità di iniziare a scrivere una storia senza sapere quale sarà il finale, ma con l’assoluta certezza che, per generazioni, verrà raccontata come se fosse unica e irripetibile. È il 1961 quando Aldo Bianchi, padre di Fabrizio, si innamora perdutamente di Castello di Monsanto e lo acquista. Un amore vero, inarrestabile e condiviso subito dal figlio Fabrizio che, dalla sommità de il Poggio, guardandosi attorno, riesce a vedere oltre. Vede non solo la bellezza del panorama che da San Gimignano arriva al Chianti fiorentino dove si stagliano il Monte Amiata e insieme le Alpi Apuane. Vede molto di più. Insieme alla moglie Giuliana e mosso dalla passione per il vino tramandata dalla madre e dallo stupore provato assaggiando alcuni delle bottiglie trovate in cantina, riesce a dare vita a ciò che il destino aveva già in parte delineato. 

Non solo un progetto imprenditoriale, ma una filosofia di vita basata sul rispetto e sull’amore per l’uomo e per la natura. Vengono così piantate nuove vigne e ristrutturati i numerosi casali della tenuta ed ecco che un’audace intuizione inizia a prendere forma. Da questo momento ogni scelta diventa un passo in avanti verso qualcosa in cui uomo e natura diventano imprescindibili l’uno dall’altra. Anche lasciare che lo straordinario accada è una predisposizione. Così come lasciarsi sorprendere. E la sorpresa fu davvero grande quando nel 1962 Fabrizio decise di vinificare separatamente le uve del vigneto il Poggio dove il Sangiovese ancora oggi fa da padrone. Una scelta allora forse azzardata, ma che risultò vincente non solo per Monsanto, ma anche per questo vitigno che da quel momento venne rivalutato. Nacque così il primo Cru di Chianti Classico, testimone di come già ieri le idee di domani si facevano spazio al ritmo incessante dettato non solo dal coraggio dell’uomo, ma anche dalla bontà della natura circostante. Questo fu solo il punto di partenza di un lungo e incredibile viaggio alla continua ricerca della qualità.

Qui dove regna Madre Natura

Chianti

Classico

Monsanto si trova nella parte centro - occidentale di una delle zone più belle d’Italia, il Chianti Classico. Qui, nel più grande territorio d’elezione del Sangiovese racchiuso tra Firenze e Siena, le colture convivono armoniosamente con la natura circostante, contribuendo al raggiungimento di una qualità davvero unica. Più precisamente Castello di Monsanto rientra nella sottozona di San Donato in Poggio, dove si trovano vini di integrità e di nerbo impavidi allo scorrere del tempo, caratterizzati da un taglio verticale e da una spina dorsale di fresca acidità.

Il terroir

Dall’incontro tra clima, altitudine, latitudine, suolo, vigne e viticoltori nascono vini unici, risultato di un’alchimia particolare che rispecchia il legame con il territorio. Il terreno è sicuramente il fattore che più delinea l’identità di ciascun vino di Castello di Monsanto. La presenza di galestro, roccia di natura scistosa, dona ai vini dell’azienda un carattere deciso e una considerevole profondità. Nella sua forma ghiaiosa superficiale dà la possibilità alle radici di penetrare tra le stratificazioni, traendone carica tannica e vibrante acidità; nella sua forma di Macigno Chiantigiano trattiene l’umidità in profondità e permette alle piante di sopportare i periodi più siccitosi. Nel versante sud della proprietà la sua presenza è intervallata da una netta concentrazione di tufo, suolo più drenante e più sciolto, che nel tempo ha rilasciato fossili di epoca cretacea, a testimonianza della grande dinamicità geologica di questa zona. 

Il clima

Assieme al terreno il clima è un altro fattore sostanziale. Castello di Monsanto si affaccia sulla Valdelsa, dove soffiano i venti di Maestrale che giungono direttamente dal Tirreno per mitigare gli inverni e rinfrescare le estati. Questo aumenta la sanità dell’uva diminuendo l’umidità e creano escursioni termiche notte-giorno importanti per lo sviluppo degli aromi negli acini. I vigneti, posti tra i 280 e 320 metri di altitudine, beneficiano di un microclima che permette soprattutto al Sangiovese di maturare in maniera bilanciata e costante nella maggior parte delle annate, senza risentire di particolari anticipazioni date dal riscaldamento climatico globale. Tutto si traduce in un perfetto equilibrio che genera un’armonia biologica indispensabile per le viti, affinché queste siano l’espressione più ricca e più pura dell’essenza del proprio terroir.

 

Il Castello

Abbracciato dalle colline circostanti e accarezzato dai venti che soffiano dal mare, il Castello di Monsanto con il suo fascino e la sua maestosità, si incastona perfettamente nel paesaggio unico di un territorio iconico e vocato alla produzione di grandi vini. Le sue mura spesse, simbolo di solidità, risalgono al 1740 e oggi custodiscono una tradizione altrettanto profonda. Un luogo suggestivo dal fascino eterno che, con il linguaggio universale dell’eleganza, racconta la storia di uomini e donne che con amore e perseveranza hanno iniziato e proseguito una vera e propria rivoluzione chiamata innovazione. Attorno la Vinsantaia e l’Anfiteatro, testimoni dell’inestimabile patrimonio di Monsanto.

La Vinsantaia

Due porte sempre aperte perché il flusso d’aria sia costante. I raggi del sole che filtrano silenziosi in un seducente gioco di luci e ombre. La Vinsantaia è il luogo in cui riposano preziosi tesori dalle infinite sfumature. Qui si respira una vera sinergia tra passato e presente fatta di sapienza antica e tradizionali tecniche artigianali.

L'Anfiteatro

Vicino al Castello c’è un prato sempre verde che contrasta con l’azzurro del cielo terso. Basta chiudere gli occhi per percepire la freschezza della natura circostante. Al centro una fontana. È l’acqua che vi scorre a scandire il tempo che qui sembra quasi volersi fermare. Di fronte ecco l’Anfiteatro, il luogo in cui tutto inizia e tutto finisce. Dove terminano le visite guidate o dove cominciano gli eventi e le degustazioni. È il vero salotto di Castello di Monsanto in cui sono passate persone, si sono raccontate storie, si custodiscono segreti.

Alla scoperta dei vigneti

Un virtual tour per scoprire i quattro vigneti di Castello di Monsanto: il Poggio, Scanni, il Mulino, il Salcio. Sono 72 in totale gli ettari dislocati su altitudini che variano tra i 280 e 320 metri s.l.m. La cintura verde che li racchiude è un vero e proprio polmone di biodiversità , dove tutto è in perfetto equilibrio.

 

Virtual Tour

La Cantina oltre il tempo e lo spazio

Un Virtual Tour per una cantina sospesa nel tempo e custode non solo di bottiglie, ma di tutte quelle storie che ogni bottiglia racchiude. Tre diverse anime convivono tra loro in questo luogo dove regna un silenzio quasi assordante. 

 

Virtual Tour

L'Archivio

L’anima più antica della cantina, quella settecentesca, contiene al suo interno uno dei più grandi archivi d’Italia che custodisce quasi 60 anni di storia. Al suo interno viene conservato un numero importante di bottiglie a partire da quelle del 1962, anno della prima vendemmia e della nascita del primo Cru di Chianti Classico. Credendo ancora oggi nella longevità di questo vino, tutt’ora qui dentro vengono riposte alcune bottiglie per poi far rivedere loro la luce dopo almeno 10 anni. Un vero e proprio racconto della storia di Monsanto, e quindi della famiglia, testimone delle evoluzioni della denominazione del Chianti Classico.